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La responsabilità Iva nell’acquisto di auto nel regime del margine di utile
Acquistare una o più auto usate da un rivenditore nazionale o europeo che applica il regime del margine può costare veramente caro se l’acquirente non “attenziona” con particolare diligenza il profilo soggettivo non solo del rivenditore diretto, ma anche dei precedenti proprietari dell’auto usata oggetto della compravendita.
Cosa deve fare quindi il soggetto acquirente nel caso in cui acquisti una o più auto aziendali usate nel mercato europeo e nazionale per provare la propria buona fede e non incorrere in spiacevoli sanzioni tributarie?
Sul punto parte della giurisprudenza (divenuta di fatto minoritaria) ritiene sufficiente a scongiurare qualsiasi addebito di responsabilità l’indicazione nelle fatture emesse dal cedente, e nel libretto dell’auto, della circostanza che i beni erano già stati assoggettati al regime del margine, escludendo ulteriori obblighi investigativi a carico dell’acquirente nazionale.
Altra giurisprudenza (da considerare maggioritaria) invece è incline a ritenere che l’onere di verifica dell’acquirente non si arresti ai rapporti formali e diretti con il solo rivenditore, ma la sua diligenza deve essere maggiore ed estesa anche ai precedenti rivenditori qualora si possano ravvisare significativi elementi di “allarme”, idonei a far sospettare l’inattendibilità della predetta annotazione e l’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione.
A risolvere il contrasto giurisprudenziale in merito ai profili di responsabilità e buona fede posti in capo all’acquirente nazionale in caso di applicazione del regime speciale in assenza dei presupposti, sono finalmente intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 21105/2017, delineando in maniera più chiara i doveri di ogni acquirente di auto usate acquistate nel regime del margine da rivenditori europei e nazionali.
Nell’impossibilità di definire in maniera puntuale il comportamento da seguire per configurare la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, la Corte di Cassazione ha chiarito che rientra nell’ambito delle precauzioni che si possono senz’altro adottare l’esame della “storia” dell’autoveicolo, quanto meno con riferimento all’individuazione dei precedenti intestatari del mezzo, risultanti dalla carta di circolazione, documento in possesso dell’acquirente in quanto indispensabile ai fini del perfezionamento dell’operazione (v. Corte di Giustizia, causa C-624/15).
Individuati i precedenti intestatari l’acquirente nazionale deve accertare la qualità di tali intestatari, e anteriori cedenti, cioè verificare, eventualmente mediante l’acquisizione di ulteriori dati di rapido reperimento, sia pure solo in via presuntiva, se l’Iva sia stata, o no, già assolta a monte da altri, nell’ambito della catena di fornitura, senza possibilità di detrazione.
A seguito di tale analisi “avveduta”, il Supremo Consesso chiarisce che “(…) in caso di esito positivo, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche qualora l’amministrazione dimostri, attraverso indagini e controlli inesigibili dal contribuente, che in realtà l’imposta, per qualsiasi motivo, non era stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui dalla verifica del contribuente emerga che i precedenti titolari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria, in base al criterio di normalità probabilistica) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte per l’acquisto dei veicoli stessi, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del diritto alla fruizione del trattamento fiscale più favorevole“.
Bologna, 12 ottobre 2017